Perle di fine giornata...

Scavi archeologici
nella memoria
di un ultrasettantenne

di Francesco Li Destri

  Il vecchio Leonardo del Viale libertà

  Il Natale al vecchio Leonardo

  Commozione e delusione

Il vecchio Leonardo del Viale Libertà

L'Istituto fu ideato, costruito e gestito nei primi anni trenta dal Canonico Giuseppe Calabrese con il programma di ospitare nelle sue aule i ragazzi della classe sociale agiata dell'epoca della Città di Catania.
La sua architettura rispecchia l'ispirazione stilistica del tempo con bifore o trifore arabbeggianti che nella loro particolare foggia danno aria e luce agli ambienti interni.
La sua pianta ha forma ad "U" la cui base fronteggia quello che allora si chiamava Viale Libertà (oggi Viale Vittorio Veneto) e le due ali esterne le due vie adiacenti. Chiudeva il quarto lato (opposto al Viale Libertà), in Via Martino Cilestri, una costruzione che ospitava un Collegio femminile gestito da suore Domenicane.
Un'artistica cancellata in ferro battuto proteggeva le piccole aiuole prospicenti al viale, mentre tre cancelli - uno più grande <centrale e principale> e due laterali più piccoli - consentivano l'accesso al Collegio. In corrispondenza del principale un grande portone in ferro dava accesso ad uno scalone in marmo bianco.
L'intero fabbricato si articolava su tre piani: uno sopraelevato, un primo piano ed un seminterrato.
Attraversato il portone centrale , salendo l'ampia rampa in marmo, ci si trovava davanti ad una larga vetrata con porta centrale che dava accesso alla parte interna del Collegio; entrati ti trovavi in un ampio corridoio che portava a destra alle aule e alla Cappella , a sinistra alla Direzione, all'economato, agli uffici amministrativi, ai laboratori ed altre aule.. Di fronte alla vetrata una scala, sempre in marmo, che con due rampe ascensionali portava al primo piano ed due in discesa portavano al seminterrato ed all'ampio cortile interno. Sul pianerottolo, dopo la vetrata d'ingresso, uno per lato, due piccole stanze: una serviva per il telefono e l'altra -sancta sanctorum- l'ufficio del portiere. Portiere Ciccio che cito qui perché parte integrante e pietra d'angolo per il Collegio.
            Salendo al primo piano, nella parte prospicente il Viale , il teatro e la sala da studio per gli interni. Nell'ala destra gli alloggi dei ragazzi stanziali, nell'ala sinistra gli alloggi dei Fratelli.
            Scendendo al seminterrato: al centro magazzini e depositi vari, a destra refettori e cucine, a sinistra palestra ed aule.
            Racchiuso fra le due ali del Collegio un ampio cortile pavimentato che si estendeva poi, oltre il fabbricato, ampliandosi, ed in terra battuta. In fondo, all'estremità destra del cortile, una piccola costruzione cubica che fungeva da infermeria. Accanto a questa un'uscita secondaria, con scivola, che consentiva ai mezzi meccanici l'accesso alla parte bassa del Collegio.
            Ritengo di aver fotografato l'edificio del Collegio, anche se l'obbiettivo non è ad alta risoluzione, e qualche particolare può essere sfuggito. Passando da quelle parti lancio sempre uno sguardo nostalgico all'ultima finestra a destra del piano sopraelevato, guardando la facciata, dove ho passate le indimenticabile giornate del mio terzo liceo.
            Ora lo scheletro di quel che fu il glorioso Leonardo è in mano a pubbliche istituzioni e, mi si dice, in stato veramente pietoso. (torna inizio pagina)

 

Il Natale al Vecchio Leonardo

            Ritornare al Natale del vecchio Leonardo implica un salto a ritroso di quasi sessant'anni, ma, con mia sorpresa e malgrado i lustri che pesano sulle mie spalle, compio con molta agilità. Mi si chiederà se sono un vecchio atleta, ancora, malgrado tutto, in piena forma. Niente di tutto questo: il Natale per noi ragazzi del quaranta era una pietra miliare nel corso dei nostri giorni, sia per la solennità e singolarità che allora ricopriva, sia per la parentesi - quando c'era - ai terribili, allucinanti, inverosimili (a vederli con gli occhi di oggi) avvenimenti che si susseguivano. Ecco perché, allora, mi è facile tornare a quei giorni che nell'orrore in cui si viveva erano visti come un'oasi, che talvolta si rivelava solo come Fata Morgana. Ma c'era la fiammella della speranza...speranza che il Bambinello, tornato sulla Terra, illuminasse menti malate ed accecate dall'odio, dall'astio, dalla rivincita, dalla vendetta, dal potere.

Ma veniamo al dunque.....

            Per noi ragazzi dei primi anni del quaranta le festività si configuravano con il solo lungo periodo di vacanza (allora non c'erano scioperi) che ci attendeva e dal quale ci aspettavamo chi sa quali meraviglie...; ma una delle tante era costituita dalle funzioni religiose che, se pure guardate come solo un dovere dai più spregiudicati - ma era solo un atteggiamento esteriore perché compenetrati anche loro dalla profondità dell'evento - rendeva possibile il pieno godimento di quel periodo che in molti di noi è rimasto come momento magico. Ricordo che ciascuno privilegiava qualcosa o qualcuno. E per restare alle risultanze dei miei scavi archeologici mentali emergono la Cappella del vecchio Leonardo - quel lungo salone pieno di ordinate file di banchi che a gruppi venivano assegnati alle varie classi, chiuso ad est dall'altare ornato, di solito, da due palmizi, e dietro ancora una piccola sacrestia - che in occasioni delle feste natalizie diventava il fulcro delle attività del Collegio. In essa i vari riti religiosi propri della festa, riti che presupponevano un'adeguata preparazione. Io facevo parte del coro. Ed ecco allora che, ancor prima che si chiudessero le scuole, l'allora nostro Ispettore che fungeva da maestro del canto, Fratel Oreste, ci convocava per lunghe ed interminabili prove. Prove che si svolgevano nel coro della Cappella che, sostenuto da colonne, sormontava l'ingresso - quando non vi erano funzioni e quindi anche nel pomeriggio - dove al centro troneggiava l'organo, spesso suonato da Fratel Mansueto ( il quale, per l'occasione, lasciava da parte il piccolo mozzicone di matita con il quale, durante le lezioni, segnava i voti delle interrogazioni ) e che simboleggiava la spartizione fra voci bianche e non. Alle prove conclusive partecipava, sistemandosi all'estrema destra dato la sua voce di basso profondo, Fratel Teodato. Fratel Oreste, con il suo atteggiamento caratteristico e dandosi spesso un colpetto sugli occhiali per assestarli meglio sul naso, ci portava fino ai giorni nei quali, con i nostri canti, dovevamo inserirci nelle funzioni. Arrivavamo trepidanti, ma spesso felici se le nostre prestazioni avevano buon successo.

            Figura indimenticabile che presiedeva le funzioni natalizie Padre - ora Monsignore - Nicolò Ciancio che con le Sue particolari omelie coronava i riti più importanti. Mons. Ciancio al quale, da queste righe, desidero ancora esternare tutta la mia devozione, la mia stima ed il mio affetto.

            Le feste del Natale si concludevano con la partecipazione dei genitori alle funzioni; approfittavano per fare gli auguri ai Maestri. Ahi noi, questi incontri talvolta ci procuravano...qualche svago in meno durante le vacanze. (torna inizio pagina)

 

Commozione e delusione

            Sono tornato al Leonardo…ma al nuovo; in una domenica di questo Gennaio 2000, ansioso di respirare nuovamente quell'aria di raccoglimento e di pace che la Cappella del vecchio Leonardo mi ispirava. Desideroso di partecipare nuovamente alla celebrazione della Messa in un ambiente che potesse riportarmi a tanti anni fa, quando ancora ragazzo, quindicenne e passa, quotidianamente - ma erano altri tempi - si passava dal luogo consacrato alla preghiera prima di recarci nelle aule per le lezioni.

            Mancano cinque minuti all'orario dell'inizio della Messa ed alcuni signori, posteggiata la macchina, come me, nell'ampio cortile di ingresso, si avviano verso l'interno. Li seguo, attraverso un atrio ed un corridoio, mi trovo, a sorpresa, innanzi la porta della Cappella.

            Ho avuto un attimo di smarrimento; mi aspettavo, chi sa poi perché, fosse segnalata con più evidenza. Ma subito, prima con lo sguardo poi fisicamente, ho attraversata la porta e di colpo ho fatto quel balzo a ritroso nel tempo che pensavo e speravo di fare. Mi sono ritrovato fra i miei vecchi banchi di legno, ormai abbondantemente tarlati, ma solidi ed efficienti come li ricordavo. Mi sono guardato attorno come a cercare il mio banco, il mio posto, il Fratello della mia classe, i miei compagni. La commozione mi ha preso - e torna mentre scrivo queste righe - lasciandomi, per un attimo, intontito. Mi son cercato un angolino, nel quale, fin dall'inizio della celebrazione, poter restare con me stesso per gustare a fondo quel magico momento. Ho rivisto quei banchi improvvisamente pieni di ragazzi, miei coetanei, assistiti ogni due o tre file, tante quanto riuscivano a contenere una intera classe, dal Fratello di classe. Ho visto i Fratelli - tanti allora - ai margini dei banchi attenti al raccoglimento dei ragazzi; ma soprattutto, nella fila dei tronetti che in fondo alla Cappella chiudono la schiera dei banchi, i posti occupati dal Direttore, Fratel Mansueto Garnaccia per me, e dall'Ispettore, Fratel Oreste Testa.

            La voce che intona il canto di ingresso mi riporta alla realtà.. Il Celebrante fa il suo ingresso (ancora da una porticina laterale all'altare; presumo venga da una piccola sagrestia dietro il sacello, come al vecchio Leonardo) e va avanti con la celebrazione della Messa.

            Pur nel raccoglimento che mi impongo per esser partecipe al Sacro Rito, non posso fare a meno di guardarmi attorno. Alcune fisionomie mi sembrano familiari, compagni di scuola dei vecchi tempi (Aiello? Attilio Grassi?), altre totalmente nuove…e vorrei ben dire! E pure i Fratelli (pochi in vero) sono fisionomie nuove, anche se il saio lasalliano che indossano me li fa sentire vicini come lo furono i vari Temistocle, Ortensio, Norberto, Raffaele, Tullio, Paolo, Mario, Onorio, Teodato ed altri che ci seguivano in quegli anni tormentati e tragici della seconda guerra mondiale.

            Allo scambio della "pace", chi mi sta davanti, si rivolge a me, porgendomi la mano, con un sorriso luminoso e pieno di affetto come se avesse intuito che un profondo legame ci unisce perché lo spirito lasalliano di cui ci siamo nutriti per anni ci fa ritrovare fratelli anche se mai prima di allora, forse, ci eravamo incontrati.

            Si conclude il rito e con il rito il mio nuovo approccio con il Leonardo, ma mi domando - e con una punta di delusione - perché una cappella così piccola ? I simulacri delle stazioni della Via Crucis vi trovano posto solo…per scommessa! A mio modo di vedere un Istituto che accoglie centinaia di giovani e dal complesso edilizio imponente non avrebbe potuto trovare più spazio? (torna inizio pagina)