26 aprile 201
Seminari culturali dei Licei

Ada Fichera presenta il suo libro

 “Archi d’amore.
L’universo femminile nella narrativa di Andrea De Carlo


          
La vecchia ‘Lettera 22’ dell’Olivetti è l’antonomasia della ‘macchina da scrittore’: il sigillo di una vocazione letteraria nelle compilazioni biografiche di molti romanzieri, spesso accordate sul tono della nostalgia. E così anche Andrea De Carlo, quando parla di sé, fa coincidere l’emergere di una sua più matura coscienza di scrittore con il regalo della madre, nel giorno del suo diciottesimo compleanno, di una rossa ‘Lettera 22’ portatile.
           Si può immaginare che battere sui tasti gli desse la sensazione di scolpire parole sul foglio. Si sofferma brevemente su questo aneddoto anche il recente libro di Ada Fichera, Archi d’amore. L’universo femminile nella narrativa di Andrea De Carlo (Bonanno 2008), giornalista e scrittrice che può vantare, nonostante la giovane età, diverse pubblicazioni (Dialogando con Agnes, 2004; La Terza pagina, 2007). Del resto, già tra i banchi di scuola del Leonardo da Vinci, Ada Fichera doveva capire che la fatica dolceamara dello scrivere sarebbe stato il suo percorso di vita. E se nella conferenza del 26 aprile Ada Fichera ha provato qualche emozione nel porgere un resoconto sul suo ultimo libro, è perché avrà forse riconosciuto, nel volto degli alunni dell’Istituto, il volto della studentessa che anche lei è stata. Un buon auspicio per i ragazzi e le ragazze del liceo: l’alunna di un tempo tiene lezione, adesso, nella stessa scuola che l’ha formata.
          Per l’occasione, il prof. Di Franco ha sinteticamente illustrato l’evoluzione della parabola narrativa di De Carlo in relazione agli esiti della produzione letteraria a lui contemporanea e al contesto storico-culturale degli anni Ottanta e Novanta. Nel corso della conferenza, sono emerse con chiarezza le diverse posizioni critiche di Ada Fichera e del prof. Di Franco: entrambi i relatori, però, hanno messo in risalto il valore positivo, per quanto utopico, delle prospettive etico-ideologiche di De Carlo, la sua sensibilità ecologista; hanno evidenziato al contempo le tecniche narrative che contraddistinguono la cifra stilistica dello scrittore, fortemente suggestionata da archetipi cinematografici.
           Il libro di Ada Fichera propone un’attenta analisi della funzione narrativa del personaggio femminile nelle opere di De Carlo. Ed esibisce – è stato notato – una testimonianza di rara correttezza critica. In appendice al volumetto, infatti, l’autrice riporta una sua intervista esclusiva a De Carlo. Ada Fichera chiede al romanziere: «Treno di panna, Arcodamore, Tecniche di seduzione presentano donne diverse fra loro, ma in un certo senso accomunate dall’essere per così dire “preda” per l’uomo protagonista e più o meno “cacciatore”. È una scelta limitata a quelle precise opere, oppure è più in generale il suo modo di concepire la donna nella relazione di coppia?». E alla domanda, che lascia intravedere una delle tesi di fondo del saggio di Fichera, De Carlo risponde con una secca smentita: «Non credo di avere mai concepito la donna come preda, né nella mia vita né nei miei romanzi. (…) L’unica cosa che certamente non succede è che [i personaggi maschili] si sentano o si comportino da “cacciatori”». Una scrittrice poco convinta dei propri argomenti e deontologicamente poco professionale avrebbe cassato questo spinoso passaggio dell’intervista. Ma Ada Fichera ha voluto ribadire la «contraddittorietà» spesso riscontrabile nelle posizioni ufficialmente assunte dall’autore da lei studiato: De Carlo è un romanziere, con i vezzi del romanziere, non un filosofo sistematico.
        Con la conferenza del 26 aprile è cominciato un ciclo di seminari fortemente voluto dal coordinatore didattico dei Licei, il prof. Maurizio Volpini: un ciclo di lezioni-laboratorio, coerenti con i programmi didattici delle ultime classi, attraverso cui i docenti dell’Istituto cercheranno di promuovere una più ampia conoscenza delle tematiche letterarie e storico-filosofiche del Novecento, secolo troppo spesso negletto dalla tradizionale prassi scolastica. L’Istituto ambisce a fare di tali seminari una risorsa formativa non solo per i maturandi, ma per tutti gli studenti del triennio, anche esterni alla scuola, che vorranno assistere alle lezioni. Nell’esordio dell’iniziativa, la risposta degli alunni è stata incoraggiante: curiosi e divertiti, hanno sventagliato con avidità frenetica scartafacci pieni di appunti. Hanno partecipato poco al dibattito, però. Perché questo silenzio? Una parete virtuale protegge ancora il palco del conferenziere: lo fa apparire il depositario di un sapere esoterico. Anche questo è un obiettivo dei seminari: stimolare l’interazione dialogica, accorciare la distanza tra vita e materia di studio. Ha scritto Lavagetto: «La poesia, il romanzo saranno nostri, ci daranno la certezza di essere nostri, quando li avremo assimilati a qualche nostra esperienza più profonda e sedimentata, che ci garantisca ormai di non sfuggirci più».

                                                                                                               (Simone Di Franco)