Ricordo di Fratel Filippo Ollà
di Fratel Alfio

A Pompei fratel Filippo era soprannominato lo “squalo”: il soprannome scherzoso glielo avevano dato i ragazzi  a motivo delle lunghe ore trascorse in mare e della sua perizia nella pesca subacquea. E, tra l’altro, il dopo pesca era quotidianamente un momento di fraterna e cordiale convivialità per i fratelli e, a volte, anche per i ragazzi, data l’abbondanza del pescato.
Le colonie al mare con i ragazzi dell’Istituto Bartolo Longo erano tra i giorni più belli e spensierati, assolutamente rilassanti, dopo un anno di lavoro impegnativo. Con questi  ragazzi Fr. Filippo ci stava  proprio bene, come un papà, sempre affabile, ma esigente al momento giusto, arguto e sereno.
In quel periodo, fine anni Settanta - primi anni Ottanta, egli  godeva di un buono stato di salute e metteva fraternamente  al servizio di tutti le sue abilità di tecnico meccanico ed elettronico, riparando radio, televisori, antenne e oggetti di ogni tipo.
Fr. Filippo, mente matematica, era ordinatissimo, metodico, dove arrivava lui tutto era funzionante e funzionale, non accettava compromessi, anche come religioso. Animato da adeguata spiritualità, sapeva educare i ragazzi con genuina religiosità: li seguiva, li correggeva e sapeva farsi ascoltare. Nel novembre dell’Ottanta ci fu il terremoto in Campania: in quei drammatici momenti Fr. Filippo riunì i ragazzi nel corridoio dinanzi alla statua della Madonna e li fece pregare.
Si trovava benissimo a Pompei, tanto che, quando ormai il diabete aveva manifestato la sua devastante gravità era restio a trasferirsi altrove. Venne, poi, con piacere a Catania, vicino alla famiglia. Qui, inizialmente, sembrò di possedere ancora qualche autonomia, ma non era così. Accettò con coraggio le tante limitazioni, soffrendo dentro di sé per non poter essere utile alla comunità, lui che di attitudini ne aveva tante. Quando, negli anni Settanta, parlare di informatica era un privilegio di pochi, fratel Filippo divorava con competenza le varie riviste di informatica e lavorava con ingegnosa creatività nei primi computer allora in uso: anche per questo noi “normali” lo chiamavamo “genio”.
Negli ultimi anni ha accettato con serenità la forzata inoperosità a cui lo ha costretto la malattia, suscitando fraterna solidarietà in quanti sapevano del suo valore.
Le ultime immagini sono quelle di un Fr. Filippo sofferente che, nonostante tutto “sprizzava” ottimismo, sforzandosi di fare comunità, almeno in chiesa e a refettorio e cercando sostegno nella recita del santo rosario, la pratica di pietà che aveva profondamente radicato in sé all’ombra del Santuario della Madonna di Pompei.  (Fratel Alfio)