Fratel Aurelio Maria
Beatificati da
Giovanni Paolo II
Festa liturgica: 16 novembre.
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Poiché la situazione politico-sociale in Spagna nel 1936
era diventata insostenibile, ecco che il 14 luglio ci fu sollevamento bello e
buono dell’esercito regolare contro il Fronte Popolare che era al governo.
La notizia si estese rapidamente. Molti l’avevano attesa come una
liberazione; altri l’avevano temuta temendo il peggio.
In ogni caso, tutti stettero a vedere cosa sarebbe successo.
Successe che il governo “rosso”, quasi
per mostrare che non temeva nulla, quattro giorni dopo ordinò che in
ogni località si formasse un Comitato con pieni poteri per giudicare chi fosse
ritenuto nemico della rivoluzione, specialmente se era un religioso o un prete.
Nella città di Almeria (Sud della Spagna) il Comitato, che già esisteva ed era
abbastanza efficiente, si rafforzò ulteriormente. Tutti temettero (e non si
sbagliarono) che ci sarebbero state retate e violenze a non finire.
I Fratelli, che in Almeria gestivano un florido collegio, si tennero ben chiusi
dentro casa, aspettando l’evolversi della situazione.
Ma siccome si parlava con insistenza di liste di proscrizione, di
saccheggi e di incendi, il Direttore, d’accordo con il sacerdote-cappellano,
il 22 luglio fece consumare tutte le Ostie consacrate che stavano nel
Tabernacolo, per evitare sacrilegi e profanazioni.
E fece bene, perché poche ore dopo una massa di scalmanati si radunò
minacciosa davanti al collegio.
Uno di essi, che si dava l’aria di essere qualcuno, dopo un po’ di
tempo, prese l’iniziativa. Al Fratello che era andato ad aprire disse che
erano venuti a perquisire il collegio e portar via le armi che vi erano
nascoste. Evidentemente non trovarono un bel nulla: era un volgare pretesto per
rovistare il collegio e metterlo a soqquadro da capo a fondo. E’ da questo
momento che iniziarono le tristi vicende di sette Fratelli. L’arresto, la
detenzione e il tipo di uccisione saranno differenti.
Il giorno dell’irruzione nel collegio, i facinorosi
portarono via tre Fratelli: Edmigio di
55 anni, Amalio di 50 e Valerio
Bernardo di appena 27. La loro
detenzione durerà 40 giorni, perché saranno uccisi il 30 agosto.
I Fratelli Teodomiro Joaquìn di 29
anni ed Evencio Ricardo anch’egli
di 29 anni nel momento dell’irruzione si trovano fuori del collegio, perché
erano andati ad imbucare delle lettere per i loro familiari. Furono arrestati
per strada. La loro detenzione durò 49 giorni. Furono uccisi l’8 settembre.
Il direttore Fratel Aurelio Maria e
l’amministratore Fratel José Cecilio
furono fermati il 22 luglio. Entrarono e uscirono da un luogo di detenzione
all’altro, finché furono giustiziati il 12 settembre
MARTIRIO
DEI
FRATELLI
DI
ALMERIA
Subito dopo l’arresto (22 luglio 1936), i Fratelli Edmigio, Aurelio e Valerio furono portati all’Hotel Central che funzionava come “luogo d’attesa” per detenuti di riguardo. Un deputato socialista, molto amico del collegio e ben noto in città (tale Gabriel Pradal), forte del suo prestigio, subito si presentò al direttore dell’Hotel e, certamente con l’intento di salvare i Fratelli, gli ordinò: “Questi tre debbono rimanere qui: non debbono assolutamente uscire senza il mio ordine”. Il suo stratagemma, però, non servì a nulla, perché alle 18 di quel giorno si presentò un gruppo del Fronte Popolare reclamando i tre detenuti. Tra gli insulti della gente, che li aspettava per strada, furono portati prima alla Casa del Popolo, poi alla sede del Comitato e infine in carcere. Qui vissero in condizioni pietose, perché i detenuti stavano stipati in poco spazio, mancavano di tutto e venivano continuamente vessati e scherniti. I Fratelli non si persero d’animo, nonostante avessero capito che da lì sarebbero usciti sono per essere ammazzati. Anzi, presero ad incoraggiare gli altri detenuti, invitandoli a confidare in Dio.
Il 12 agosto li trasportarono e chiusero in un battello che serviva per il trasporto del carbone: vi stettero fino al 30 agosto quando, di notte, li ”liberarono” per condurli alla morte. Su di una camionetta furono portati ad una località periferica chiamata Taverne. C’erano dei pozzi senz’acqua, abbandonati, profondi 40 metri. Furono sistemati sull’orlo di uno di essi e uccisi con un colpo di pistola alla testa. Poi furono gettati giù nel pozzo, assieme a pietre e terra. Quando furono riesumati, si scoprì che avevano le mani legate dietro la schiena e che Fratel Valerio era stato scaraventato giù ancora vivo e nel precipitare si era fratturato ambedue le gambe.
I Fratelli Teodomiro Joaquìn ed Evencio Ricardo dopo l’arresto avvenuto per strada furono rinchiusi nei sotterranei della caserma dei carabinieri. Uno di essi (tal Melison Puerto) era il loro carceriere, e quando si ricordava di portar loro qualcosa da mangiare diceva ad alta voce: “Vado a dar da mangiare ai cani!”. I due Fratelli potevano uscire per prendere un po’ d’aria solo qualche minuto al giorno. La loro salute ne risentì in maniera grave. A Fratel Teodomiro si gonfiò tutto il corpo e la carnagione si fece giallastra. Temendo che morisse laggiù, lo portarono nell’infermeria della caserma. Ma egli, sapendo che il confratello anch’egli malandato, era rimasto solo nei sotterranei, chiese di stargli vicino. Fu accontentato. Dopo nove giorni tutti e due furono trasferiti nel battello-prigione e il 4 settembre furono condotti su una scogliera a piombo sul mare in località La Garrofa. Li fecero inginocchiare e, pistola puntata sulla testa, li interrogarono sul ruolo da essi avuto nella rivolta dell’esercito. Ci volle del tempo per convincerli che essi erano dei semplici Fratelli, del tutto estranei ad ogni complotto politico-militare. Lungo il tragitto di ritorno, i due carcerieri si fermarono ad una trattoria (Venta Eritana) per mangiare, ed ebbero un bel da fare con due miliziani, sopraggiunti lì per caso, che volevano giustiziarli subito. I due Fratelli furono riportati nel battello-prigione, dove trovarono i confratelli Edmigio, Amalio e Valerio. L’otto settembre, di pomeriggio, furono chiamati per nome e condotti in un luogo solitario sulla strada per Roquetas de Mar. Individuato un luogo adatto, li fecero chinare e, nascosti come briganti dietro un cespuglio, fecero fuoco sui due poveretti. Li lasciarono lì abbandonati. Più tardi, alcune persone della zona richiamate dagli spari, accorsero e dettero loro una sommaria sepoltura
I Fratelli Aurelio
Maria e José Cecilio subirono
una carcerazione più varia. Stettero all’Hotel Central, nel carcere vero e
proprio, al Commissariato, sul battello-prigione, nel convento delle Adoratrici
trasformato in prigione e anche in una specie di arresti domiciliari nel nuovo
collegio ancora vuoto. Il loro via vai terminò la notte del 12 settembre,
quando li “liberarono” per portarli nella località chiamata Venta de los
Yeros, non distante da quella chiamata Taverne.
Al bordo di un pozzo asciutto e abbandonato li uccisero e li scaraventarono giù.
Senza interrogatorio e senza sentenza: colpevoli solo di essere dei Fratelli
delle Scuole Cristiane.