San MIGUEL FEBRES CORDERO
(1854-1910)
Festa liturgica:
9 febbraio
Cronologia
della sua vita:
1854 - Nasce
il 7 novembre a Cuenca - ECUADOR
1863 - Frequenta
la scuola dei Fratelli a Cuenca
1868
- Fa il Noviziato presso la scuola
dei Fratelli a Cuenca
1869
- Inizia a fare scuola a Quito,
distinguendosi come insegnante di grammatica.
1882 - Emette
i Voti Perpetui
1888 -
Assiste a Roma alla Beatificazione del Fondatore, come rappresentante dei
Fratelli del suo Paese.
1890 - Riceve
le Palme Officiali dell’Accademia di Francia
1892 - E’
eletto Socio dell’Accademia dell’Ecuador
1902 - E’
nominato Direttore del Noviziato di Quito
1907 -
E’ chiamato a Parigi per scrivere e pubblicare testi scolastici e di
religione. Per la malferma salute è trasferito prima a Lembecq-les-Hal
(Belgio), poi a Premiá de Mar (Spagna).
1910 - Muore
il 9 febbraio, all’età di 56 anni.
1977 - E’
dichiarato Beato da Paolo VI
1984 - E’
dichiarato Santo da Giovanni Paolo II
L’essenziale della sua biografia
Francisco Febres Cordero nasce a Cuenca il 7 novembre 1854. Amerà far
notare di essere nato un mese prima della proclamazione del dogma
dell'Immacolata Concezione. Sulla sua culla c'è un velo di tristezza: nasce con
una grave malformazione ai piedi. Riesce a fare i primi passi all'età di cinque
anni, e durante tutta la sua vita soffrirà di una penosa debolezza agli arti
inferiori.
I Fratelli delle Scuole Cristiane fondano le loro prime case in America
Latina nel 1863. Nel mese di marzo di quell'anno dieci Fratelli arrivano a
Guayaquil, città portuale della Repubblica dell'Ecuador, a seguito delle
insistenti richieste del Presidente Garcìa Moreno. Si stabiliscono
simultaneamente a Quito, la capitale, e a Cuenca, importante città a sud del
Paese.
Uno dei loro primi alunni in quest'ultima città si chiama Francisco Febres
Cordero. Sarà il primo Fratello dell'America Latina che giungerà a consacrarsi
con i voti perpetui nella Congregazione, della quale sarà una vera gloria.
Quando nel 1863 i Fratelli arrivano a Cuenca, egli è uno dei primi
iscritti; rimane subito affascinato dalla scuola, dall'istruzione religiosa,
dallo studio: presto nasce nel suo animo un affetto pieno di ammirazione per i
suoi maestri, i discepoli di Giovanni Battista de La Salle, e manifesta ai
genitori il desiderio di divenire come uno di loro. La reazione è negativa. Così
i genitori decidono di ritirare il figlio dalla scuola dei Fratelli e di
avviarlo al seminario diocesano. Francisco obbedisce, ma dopo pochi mesi, a
causa del male che lo affligge, ritorna a frequentare la scuola dei Fratelli.
Contro la volontà del padre e specie della nonna, il 24 marzo 1868 la madre si
assume ogni responsabilità e firma I'autorizzazione per I'ingresso del figlio
al noviziato. La vigilia della festa dell'Annunciazione Francisco Febres Cordero
diventa Fratel Miguel.
Si imbarca per la Francia, trascorre alcuni mesi a Parigi, quindi si
trasferisce alla Casa Generalizia a Lembecq-lez-Hal in Belgio. Vi rimane per un
anno e si dedica interamente alla composizione di testi scolastici.
Il clima del Belgio è ben diverso da quello del natio Ecuador. I Superiori si rendono conto del pericolo e lo destinano a Premià de Mar, presso Barcellona, ma le sue condizioni di salute sono ormai compromesse. Nell’ultima quindicina di gennaio 1910 un raffreddore degenera in polmonite doppia. L’organismo debilitato non è in grado di reagire: dopo tre giorni di agonia Fratel Miguel muore.
Nel 1936, durante la rivoluzione spagnola, i resti di Francisco Febres
Corsero vengono rimpatriati. La tomba viene eretta nella casa dei Fratelli di
“La Magdalena” a Quito. Il bimbo sulla cui culla si era pianto come per una
disgrazia irreparabile, è ora una stella dell’Ecuador, della Chiesa e
dell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane.
La seguente biografia, più approfondita, è stata curata da Fr. Italo Carugno
Fratel MIGUEL (Francisco Febres Cordero)
UN BAMBINO
PRIVILEGIATO (1863)
Fratel Miguel era nato a Cuenca (Ecuador) nel 1854, lo
stesso anno del dogma dell’Immacolata Concezione. A cinque anni, a causa di
una innata malformazione ai piedi, non camminava ancora ed aveva bisogno di un
domestico di famiglia che lo sollevava di peso e lo portava dove era necessario.
Un giorno il piccolo Francisco (era questo il suo nome di battesimo) si trastullava nel bel giardino di casa, giocherellando tra roseti ed aiole. All’improvviso il suo volto si illuminò di una fulgida luce e in un’esplosione di gioia disse alla zia che in quel momento lo accudiva: “Zia, zia, vieni a vedere la bella Signora che sta sulle rose”. E, movendosi come poteva, cercava di avvicinarsi alla visione. La zia per azzittirlo rispose: “Se c’è una signora, dille che entri pure in casa”. E Francisco di rimando: “Ha un vestito bianco e un manto azzurro. Mi chiama e mi vuole portare con sé”. E subito, per la prima volta e senza alcun aiuto, si mise in piedi e fece qualche passo verso la Signora, per ricadere subito a terra. La vicenda si chiuse con la madre che accorre e lo prende in braccio inondandolo di lagrime.
Qualunque sia la interpretazione che si vuol dare al fatto, non si possono tacere due cose: che il bimbo abbia fatto i primi passi da solo, senza l’aiuto di nessuno, e che da quel momento il suo fisico si consoliderà gradatamente e Francisco potrà camminare da solo.
Non speditamente, però, perché una certa difficoltà lo accompagnerà per tutta la vita.
CONTRASTI E RICONCILIAZIONE CON IL PADRE (1875)
Fratel Miguel era di famiglia benestante e il padre godeva di un certo prestigio in paese; pertanto non vide di buon occhio il suo desiderio farsi Fratello, come i maestri alla cui scuola si era formato con grandissimo profitto.
Il giovane Fratello aveva appena iniziato il suo apostolato proprio nella sua ex scuola di Cuenca (Ecuador), quando il padre gli ordina perentoriamente di tornare a casa. Poiché Fratel Miguel, dopo matura riflessione, aveva confermato la sua scelta vocazionale, i Superiori dell’Istituto, per evitare rischi di ogni genere, lo trasferirono nella scuola di Quito, la capitale, distante da Cuenca 450 Km, isolata nella topografia andina e priva di agevoli vie di comunicazione. Il viaggio durò otto giorni e fu fatto a dorso di mula: era il maggio 1869. Fratel Miguel aveva appena 15 anni e da quel momento non rivedrà più la sua terra diletta e la casa dove aveva visto la luce. Vi tornerà dopo la morte, nel trionfo per la sua fama di Accademico dell’Ecuador, di geniale e prolifico scrittore e di santo religioso.
Il contrasto con il padre continuerà, pur se a distanza; e ogni tentativo operato da amici e persone influenti per far riaccostare il padre al figlio saranno inutili. Una circostanza fortuita appianerà ogni cosa.
Avvenne quando, nelle vicende politiche del momento, un giornalista, amico del padre, era stato messo in carcere per degli articoli scritti contro il presidente della repubblica, Garcia Moreno. Il padre di Fratel Miguel, sapendo che egli, pur essendo ventitreenne, godeva di molta influenza sul Presidente, lo pregò di intervenire per la scarcerazione dell’amico, assicurandolo, in caso positivo, che tutto sarebbe stato dimenticato. La vicenda si concluse positivamente e dopo qualche giorno a Fratel Miguel giunse una lunga lettera del padre, piena di tenere parole e di immensa gratitudine.
Per spiegare l’amicizia di Fratel Miguel con il Presidente della Repubblica, bisogna risalire a qualche anno addietro. Fratel Miguel era giovane alunno nella scuola dei Fratelli a Cuenca. Anche se camminava con difficoltà, ispirava immensa simpatia e si distingueva per diligenza, memoria e intelligenza. Un giorno il Presidente andò a far visita alla quella scuola e Francisco fu incaricato di presentargli un deferente saluto in lingua spagnola e in lingua francese. Tanta fu la sua naturalezza e grazia che il Presidente lo colmò di entusiastici rallegramenti e da quel momento non perse di vista il brillante piccolo oratore dai piedi rattrappiti.
MEMBRO DELL’ACCADEMIA DELL’ECUADOR
(1892
Il 18 febbraio 1892 Fratel Miguel ricevette una lettera che diceva: “E’ per me un vero onore portarle a conoscenza che l’Accademia Ecuadoriana ha giudicato buona la proposta di eleggerla accademico nella corrente sessione. La felice ed unanime decisione dei votanti manifesta la giusta stima nella quale la tengono tutti i membri dell’Accademia, alla cui missione contribuirà efficacemente anche lei, che da tempo è un capace cultore di studi espressi in idioma castigliano: ciò reca un immenso splendore al nostro Paese. Firmato: Il Presidente dell’Accademia Ecuadoriana”.
La scelta era stata proposta da persone estimatrici di Fratel Miguel e i Superiori della Congregazione avevano concesso volentieri il loro beneplacito. Da parte sua, Fratel Miguel (che aveva 38 anni) rimase imperturbabile ed umile al tempo stesso. Confidò ad un confratello che si rallegrava con lui: “Lei sa bene che io sono un uomo di poco conto. Nulla giustifica l’onore che mi fanno: non me lo sarei mai aspettato”.
Il discorso d’insediamento fu, nella prima parte, un sentito elogio a chi aveva lasciato vacante il posto: era un generale dalla carriera militare invidiabile e dal passato glorioso, morto improvvisamente giorni prima. Agli accademici e al numerosissimo pubblico presente (mai vista la sala così gremita) Fratel Miguel tracciò un geniale parallelo tra il predecessore e lui: quegli aveva condotto i battaglioni sui campi dell’onore, lui agiva in silenzio nei campi del sapere; il primo aveva animato i soldati per conseguire l’alloro della vittoria, mentre lui agiva sui ragazzi per portarli alla vittoria dell’intelligenza; il generale aveva incoraggiato i soldati con la prospettiva del trionfo, lui riscaldava i cuori degli inermi con nobili aspirazioni. Poi Fratel Miguel entrò direttamente in argomento, trattando con eleganza, purezza di lingua ed efficace dialettica l’influenza del Cristianesimo sulla morale, nelle scienze e nelle arti. Il tema apparve a tutti, accademici e addetti alla stampa, in sintonia con i tempi e specialmente con la situazione politica della capitale, dove certe correnti anticlericali viaggiavano sulla cresta dell’onda. Tra l’altro, diventò luogo comune il giudizio espresso dal Presidente dell’Accademia: “Fratel Miguel è tanto sapiente quanto santo; tanto santo quanto sapiente”.
Passata l’euforia dell’insediamento, Fratel Miguel tornò alle usaste occupazioni, felice soltanto perché la qualifica di accademico gli permetteva di recarsi liberamente in biblioteca e di potervi prelevare i libri che gli servivano per i suoi studi.
SULL’ORLO DEL FALLIMENTO (1895)
Una vicenda dai risvolti ambigui per poco non annientò l’opera dei Fratelli in Ecuador. Tutto cominciò per le manie vessatrici e maligne di un militare crudele e ostinato che, dopo aver provocato violenze e distruzioni in varie città, iniziò a turbare le acque tranquille delle scuole dei Fratelli. La sua prima mossa fu di far ritirare dal Governo la convenzione economica e di franchigia concessa da oltre 30 anni, che garantiva il sostentamento delle scuole gratuite. Il provvedimento abrogatorio gettò sulla strada gli alunni e ai Fratelli non rimase altro da fare che vendere i pochi beni di loro proprietà e tornarsene alle loro famiglie o varcare i confini della Patria.
A Fratel Miguel, che tre anni prima era stato nominato membro dell’Accademia dell’Ecuador, fu offerto, con un gesto di riguardo, un posto al Ministero della Istruzione e un sostanzioso stipendio; ma egli rifiutò ogni cosa, per rimanere Fratello tra i Fratelli in tutto e per tutto. I Superiori, pertanto, lo inclusero nella lista di quelli che sarebbero andati a Parigi. Ma non se ne fece nulla, perché l’illuminato invito del Superiore Generale della Congregazione (“Capisco che il governo non vi dà nulla; tuttavia non vi caccia dal Paese. Potete dunque restare nei vostri istituti e continuare ad insegnare”) salvò la presenza dei Fratelli in Ecuador.
Fratel Miguel rimase a Quito e fu destinato a una proprietà che i Fratelli tenevano su una collina dal panorama incantevole, ma dal nome un po’ prosaico. Si chiamava La Collina del cebollar (cipolla), perché in epoca passata i conquistatori spagnoli vi avevano coltivato cipolle per tantissimi anni. Qui i Fratelli tenevano la casa del noviziato e un collegio per alunni benestanti. Data l’emergenza del momento, si riuscì, dopo giorni di snervanti lavori, a ricavare le aule sufficienti per 1200 alunni.
Passata la bufera e calmati gli animi, si iniziò a riorganizzare le scuole che erano state chiuse, con grande gioia e sollievo di Fratel Miguel, che dalla triste vicenda che aveva vissuto era rimasto certamente provato, ma anche rinvigorito nell’amore per la sua Congregazione.
PIU’ DEL
RICHIESTO (1935)
Clementina Flores Cordero (semplice omonimia con Fratel Miguel Febres Cordero) era una suora che nel 1933 era caduta gravemente inferma, proprio mentre prestava i suoi servizi di infermiera. Il male si rivelò subito gravissimo. All’asportazione di un rene era seguito un attacco epatico fulminante che compromise del tutto la sua salute. Nel febbraio del 1935 nessuno avrebbe più puntato un centesimo sulla sua sopravvivenza, perché (sono le dichiarazioni dei medici curanti) il caso era letale e senza nessuna speranza. Per attutire i dolori, si decise di somministrare alla malata stupefacenti e narcotici. “Gesù, Maria, – si lamentava l’inferma nei momenti di lucidità – una suora che prende la morfina!”.
Un flebile respiro, ormai, la teneva in vita, quando il Direttore della scuola lasalliana della città propose una novena di preghiere a Fratel Miguel. “A che pro? – fu lo scettico parere del sacerdote che assisteva la malata. – Abbiamo fatto novene a tanti Santi e nessuno ci ha ascoltato”. La replica del Direttore fu immediata: “E’ vero, ma Santa Teresa di Lisieux fece il miracolo che le valse la canonizzazione dopo essere stata pregata con ben 36 novene”.
Furono iniziate le preghiere nella comunità dei Fratelli e negli ambienti dell’ospedale. “Cinque giorni dopo sentii una cosa tremenda dentro di me, - lasciò scritto la suora – un ordine irresistibile nella mia persona agonizzante. Aprii gli occhi e con slancio giunsi le mani in atteggiamento di lode e di ringraziamento. Ero guarita. Ero stata miracolata dal santo Fratello”. E continua: “Avevo chiesto soltanto una diminuzione dei dolori e la forza per sopportarli senza morfina, ma Fratel Miguel ha ottenuto da Dio più di quanto gli avessi chiesto”.
Il mattino seguente, all’infermiera che si accosta al suo letto, la suora chiede insolitamente un caffè ben carico assieme a crostini e burro: tutto fu consumato in un battibaleno. All’ora del pranzo nuova richiesta di cibo, regolarmente consumato sino all’ultima briciola.
Il momento di lasciare il letto dopo sei mesi di immobilità dette vita ad una scenetta più unica che rara. D’un sol balzo, la suora scese dal letto e, come una gazzella nella foresta, si mise a correre per i corridoi per recarsi nella cappella. Il medico di turno si stava recando al suo capezzale per la solita iniezione di morfina, quando la incrociò saltellante nel corridoio. Non credendo ai suoi occhi esclamò: “Questo non è un miracolo, ma un insieme di miracoli!”.