I MARTIRI DI
TURÓN (1934)
Festa liturgica: 9 ottobre
I Fratelli delle Scuole Cristiane, nella regione
delle Asturie, Spagna settentrionale, al momento della Rivoluzione del 1934,
dirigevano 14 scuole, con 55 Fratelli. Apprezzatissima, come ben meritava,
l'opera che vi svolgevano per la gioventù. La diffusione delle note utopie
propagandate nel mondo del lavoro nelle valli delle miniere e le vantate
rivendicazioni, tramutatesi presto in esasperazione, causarono distruzioni,
incendi, rovine di preziosi monumenti e la morte di 33 religiosi e sacerdoti,
vittime innocenti dell'odio. Tra le vittime in odio alla religione, come risulta
dai tribunali del popolo, l'Istituto delle Scuole Cristiane conta 8 Fratelli,
martiri a Turón. Detenuti per 4 giorni sotto la vigilanza di «guardiani»,
vengono portati al cimitero non distante dalla loro scuola. Allineati lungo una
fossa di circa 9 metri, cadono sotto due scariche di fucile e alcuni vengono
finiti a colpi di pistola: 9 ottobre 1934. Sono:
Fr. CIRILLO BERTRÀN, Direttore, di 46 anni, nativo
di Lerma (Burgos);
Fr. MARCIANO JOSÉ, di anni 34, nativo di El
Pedegral (Guadalajara);
Fr. VICTORIANO PIO, di anni
29, nativo di S. Millàn de Lara (Burgos);
Fr. JULIAN ALFREDO, di anni 31, nativo di Cifuentes de
Rueda (Léon);
Fr. BENJAMIN JULIAN, di anni 26, nativo di
Jaramillo de La Fuente (Burgos);
Fr. AUGUSTO ANDRÉS, di anni 24, nativo di Santander;
Fr. BENITO de JESUS, di anni 24, nativo di Buenos Aires;
Fr. ANICETO ADOLFO, di anni 22, nativo di Celada Marlantes
(Santander).
Con i Fratelli subì il martirio il P. Innocencio de la Inmaculada, di anni 47, nativo di
Santa Cecilia - Valle de Oro (Lugo).
Il più feroce dei carnefici, un certo Silverio Castanon,
incarcerato a sua volta a Miens, sconcertato dall'atteggiamento delle sue
vittime, confesserà: «I Fratelli e il Padre hanno ascoltato tranquillamente la
sentenza e sono andati come "pecore al macello", tanto che io, che
sono un uomo duro, mi sono emozionato per il loro atteggiamento. Camminando e in
attesa, pregavano a voce bassa». Una dichiarazione del carnefice, preziosa
testimonianza di una condanna che non lascia dubbi sulla motivazione: martirio
in odio alla religione.
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Qualche particolare del loro martirio:
Come tutti i giorni, gli 8 Fratelli della Comunità di Turón (cittadina delle Asturie, a nord della Spagna) quella mattina del 5 Ottobre 1934 stavano andando in Cappella per le preghiere rituali, quando, a quell’ora insolita, una persona bussò alla porta. Era la cognata di uno dei Fratelli che, ansante e terrorizzata, era corsa per avvertirli che i miliziani sarebbero venuti per imprigionarli: che si mettessero al sicuro al più presto. I Fratelli decisero di celebrare subito la Messa. Al momento dell’offertorio, però, la porta di casa sembrava crollare sotto gli insistenti colpi dei rivoluzionari. Allora il celebrante, intuito il pericolo, interruppe il sacro rito e consumò assieme ai Fratelli le Ostie consacrate del Tabernacolo, per evitarne la profanazione. I rivoluzionari, una volta entrati, misero a soqquadro ogni angolo della casa, alla ricerca di quello che non c’era: documenti, armi, persone nascoste. Poi, senza dare spiegazioni, dichiararono i Fratelli prigionieri della rivoluzione e li condussero alla “Casa del Popolo”. Da quel momento, iniziò la “Quattro Giorni” dei Fratelli di Turòn, che si concluse con la loro fucilazione.
La situazione politica nelle Asturie in quell’anno 1934 era di quelle a maggior rischio. Lì i rivoluzionari avevano messo profonde radici, perché era (ed è) una regione mineraria che raccoglieva una popolazione di insoddisfatti emigrati. L’inizio della rivolta era stata fissata per la mezzanotte del 5 Ottobre. Il segnale convenuto era un’esplosione, cosa che lì non avrebbe suscitato sospetti per la presenza delle miniere. Subito i miliziani assalirono le caserme e si misero a presidiare le vie e a incarcerare le persone ritenute pericolose.
La Comunità di Turón era composta da 7 Fratelli insegnanti, più un Fratello factotum. I loro nomi: Cirillo Bertràn (Direttore), Marciano José, Victoriano Pio, Jiuliàn Alfredo, Benjamìn Juliàn, Augusto Andrés, Benito de Jesùs, Aniceto Adolfo. Quattro di essi avevano meno di 26 anni; il Direttore, che ne aveva 46, era il più anziano. Sei di essi stavano a Turón da un anno, uno da 6 mesi e uno da 20 giorni appena. I Fratelli erano già stati diffidati per la loro opera apostolica in casa e fuori; ma non avevano dato retta alle minacce.
Dopo l’arresto, i Fratelli stettero chiusi in carcere per 4 giorni e furono trattati in maniera indecorosa. Il primo giorno non ebbero nemmeno un tozzo di pane; dal secondo in poi poterono mangiare solo quello che qualche persona pietosa poteva far entrare in carcere. Il terzo giorno, convinti che non sarebbero usciti vivi da quella situazione, si confessarono dai 3 sacerdoti reclusi insieme a loro. La sera dell’otto ottobre i Fratelli si stesero sul nudo pavimento per dormire. Dopo la mezzanotte furono svegliati e portati fuori. Per strada trovarono ad accoglierli un manipolo di rivoluzionari con i fucili spianati. Furono messi in fila per due assieme a due carabinieri anch’essi detenuti. Il capo dei rivoluzionari, Silverio Castañon, indicando i due carabinieri, domandò ai Fratelli: “Sapete dove vanno quei due?”. “Dove volete voi; ma noi siamo pronti a tutto”. “Ebbene, concluse freddamente Castañon, vanno a morire”. Il cammino verso il cimitero, la loro “via crucis”, durò appena 10 minuti. Lì, nel cimitero, i rivoluzionari avevano già preparato una fossa lunga nove metri: sul suo ciglio fecero allineare i Fratelli. Bastarono due scariche di fucileria e tutti caddero morti. Il capo completò l’opera con un colpo di pistola alla nuca di ciascun Fratello. Uno del gruppo, però, di sua iniziativa si avventò sul Direttore con un’ascia per finirlo; poi con un colpo netto gli troncò la testa. Era il 9 Ottobre 1934.
Per gli 8 Fratelli di Turón quel giorno non vide mai l’alba; ma per essi iniziò un giorno senza tramonto.
I Fratelli di Turón furono
beatificati da Giovanni Paolo II il 29 aprile 1990 e canonizzati dallo stesso
Papa il 21 novembre 1999.